2018 - Contrappunti


Mostra bipersonale con Irene Guerrieri

Sarnico, Centro Culturale Sebinia - ex chiesa di Nigrignano Via Vittorio Veneto, 24

dal 13 al 28 ottobre 2018


La conciliabile differenza

 Parlano diverso, Ciro Indellicati e Irene Guerrieri. L'uno è astratto (piace continuare a definirlo, con amicale ostinazione, "orientale"), l'altra è figurativa. L'uno ci obbliga a una riflessione sui massimi sistemi, l'altra apre la strada a una discesa nelle profondità di se stessi. L'uno possiede lo spirito epico del viaggiatore alla Withman, l'altra ha, per così dire, chiuso il cancello del suo prezioso hortus conclusus alla maniera di una novella Dickinson.

Piacciono le categorie, la chiarezza. Ma questa iniziale compartimentazione diventa, nella realtà dei fatti, un'endiadi, una più esatta e percepibile complementarietà. Vediamo come.

Partiamo da un pronunciamento solenne: Ciro Indellicati è un'anima orientale, mentre Irene Guerrieri è uno spirito occidentale. Dell'apparente separazione tra Oriente e Occidente, dimostrandone, invece, la reciprocità, aveva già dissertato Hegel. L'Oriente, dice il filosofo tedesco, è un mondo ancora liquido e fluttuante dentro al quale le stesse forme artistiche soggiacciono al dato astratto.

Basti pensare alla potente trascendenza dei monumenti egiziani o assiro babilonesi o agli stupa asiatici: la verticalità strutturale è un tentativo riuscito di puro sguardo verso l'alto con scarso interesse per la figura umana e per la rappresentazione del mondo così come lo vediamo. In Occidente, invece, la riflessione artistico-culturale prende corpo nella infinita e riconoscibile descrizione della realtà attraverso i grandi maestri della cultura artistico-letteraria (ma anche musicale, teatrale, coreutica, ecc.).

Ma questo dualismo in Hegel viene superato allorquando il pensatore individua una sorta di corrente continua tra l'Oriente e l'Occidente, un flusso ininterrotto e necessario. L'Occidente raggiunge la fine della sua corsa, sostiene il pensatore tedesco. Il ritorno al Grembo orientale diviene, così, una necessità ineludibile di rinascita.

Guardare l'arte di Ciro Indellicati e di Irene Guerrieri significa, in sostanza, ripercorrere, avanti e indietro, questo cammino da Oriente a Occidente e viceversa.

Ciro Indellicati escogita la visione "alla orientale" di un universo prima del tempo; "finge" masse e nebulose di materia primordiale in cui la presenza, incisa, di lettere, si allinea alla religiosità di una parola che crea. Tutto, nell'arte di Ciro Indellicati, ribolle, gorgoglia, fermenta, ma sempre un attimo prima di una sferzata che dia ordine al rimescolamento continuo di questo "liquido progetto". Sì, d'accordo, vi sono anche delle riconoscibili geometrie astrali: lune o pianeti o rimandi a qualcosa di familiare. Ciro Indellicati non va, tuttavia, letto, propriamente, come un ordinatore del tempo. La sua materia-arte è un continuo ossequio a quella forza distruttrice e, al contempo, pacificatrice che concede a ognuno di noi di acquistare, per alcuni istanti, un volto e un nome.

Irene Guerrieri, invece, è una perfetta ordinatrice del mondo. Il dato descrittivo, analogico, si somma alla misurata e antica sapienza di un tratto artistico facile da amare. La natura e le cose di Irene Guerrieri sono precise tanto quanto basta per intuirne l'essenza prima e inconfondibile. Vi è, tuttavia, nell'arte di Irene, una forza quasi occulta, un particolare sentimento di volontà che ben si sposa e si accosta a quell'altra forza esplosiva di Ciro Indellicati: è un'attrazione evidente per la Natura-Grembo che, tuttavia, nel caso di Irene, è forza che si manifesta nella generazione del mondo così come lo vediamo. Il tema naturale che declina nella rappresentazione di atti generativi (i fiori, i nidi, giusto per fare un esempio) rivela la natura potentemente femminile di un mondo ordinato e pulito. Il femminile di Irene Guerrieri è l'Occidente del qui e ora senza confusioni o ripensamenti. Tutto è pacificato. Tutto è apparecchiato. Anche il dato più decorativo di Irene Guerrieri risponde a quel primario bisogno dell'uomo che è, propriamente, "il bisogno di decorazione" (A. Riegl).

Dove inizia e dove finisce l'apparato espositivo della mostra di Ciro Indellicati e di Irene Guerrieri? È indifferente. Inizio e fine non hanno senso in questo dialogo circolare di rappresentazione nobile dell'universo che dal vuoto preparatorio giunge alla fuggevole sperdutezza di un fiore.

Tutto finisce. Tutto ricomincia.

Massimo Rossi



"Strana Condizione è quella dell'intera esistenza, in cui tutto fluisce come l'acqua che scorre, ma in cui soli, i fatti che hanno contato, invece di depositarsi sul fondo, emergono alla superfice e raggiungono con noi il mare".

Margherite Yourcenar

 

Sono nato in una città di mare, anzi una città con due mari.

Poi le cose della vita mi hanno trascinato via, mi hanno spinto sulle rive di questo lago lombardo.

Acqua dolce questa volta, e orizzonti incorniciati dai monti, non più cieli aperti e larghe insenature. Sempre acqua però per i miei orizzonti; l’ho scelto per questo il posto dove lavoro, dove vivo. Ho bisogno dell’acqua.

Dominano gli azzurri, i verdi. Trasparenti o impenetrabili liquidi. E il gioco delle luci, i riflessi che scherzano tra le increspature, tra le onde.

Hanno voci diverse le onde salmastre e quelle più piccole: le ondine di lago.

Quando urla ti scuote e impaura la voce del mare. E i silenzi. Ho dormito certe notti, cullato dall’onda placida, come una nenia: il respiro del mondo.

E poi c’è l’acqua dei fiumi, quella che scorre. Pigra o in tumulto. Quella che si porta via tutto, che tutto si riprende, se vuole. E quella che ti ipnotizza col suo gorgogliare. Acque ferme e melmose. Che pullulano di microscopiche vite.

Quante voci, quanti suoni, si possono propagare e diffondere attraverso e sull’acqua. Quanti accenti diversi e diversi racconti, in esotiche lingue.

La bevi e ti disseta, o t’affoga. Ti rinfranca, ti spaventa, ti culla. Puoi navigare o nuotare, qualcuno addirittura sa camminarci sopra. Scivoli in superficie o t’immergi. Ti perdi o ti ritrovi. Ti tuffi e riemergi. O resti sul fondo. Ma non te ne liberi più. 

Portatrice di purezza o al contrario contaminazione. Dall’acqua e nell’acqua nasce la vita o si può incontrare la morte, Il viaggio, l’avventura, partenze e fughe, ritorni, l’inizio di un sogno, o la sua fine.

 

Ma non provo a descriverla l’acqua nelle mie opere. Le mie composizioni nella loro matericità testimoniano sì di un rapporto di simbiosi con la realtà naturale, ma mai in un rapporto di somiglianza: cerco semmai, una relazione di espressività.
L’acqua, in queste immagini diventa qualcos’altro, cambia valore, si trasforma, oltre l’apparire, non per produrre illusioni ma per avvicinarsi a quel confine che sempre si ridetermina e si rimescola e che mai ci è dato raggiungere, dove la frattura tra uomo e natura non è ancora del tutto compiuta.

 

Ciro Indellicati